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L’amianto è un minerale dotato di proprietà “miracolose”, note dall’antichità; l’Italia è stata tra i Paesi in cui ne è stato fatto un larghissimo utilizzo, fino alla messa al bando nel 1992. Da oltre mezzo secolo è noto il potere cancerogeno dell’amianto e, tra i tumori di cui esso è causa, il mesotelioma maligno rappresenta un “marker”, un’impronta di esposizione. Attraverso un’esperienza professionale di circa trenta anni l’Autore presenta, in una prospettiva storica, una ricostruzione delle innumerevoli circostanze di esposizione ad amianto che hanno rappresentato la causa di morte per mesotelioma maligno e tumore polmonare di centinaia di lavoratori in provincia di Brescia e non solo. Esposizioni professionali che sono risultate assai più frequenti nell’utilizzo di materiali contenenti amianto, piuttosto che nella produzione di manufatti col minerale, come l’“Eternit”. Esposizioni spesso ignorate e talvolta subite solo per la contaminazione di ambienti di lavoro delle fibre libere; un rischio al quale migliaia di lavoratori sono risultati esposti inconsapevolmente, anche quando le informazioni sul cancerogeno erano da tempo presenti, ma colpevolmente negate. Un grave rischio i cui effetti cancerogeni erano largamente prevedibili; erano altrettanto prevenibili? Il libro propone una riflessione su questo cruciale interrogativo, che percorre e che lega le tragiche vicende narrate per approdare alla esigenza di giustizia delle vittime e dei loro congiunti, come si può esprimere nello scenario di processi penali celebrati in alcuni Tribunali italiani.